ANCHE LE MAIL INQUINANO

Bisogna imparare a gestire meglio la posta elettronica. C’è un’insostenibile leggerezza anche nelle email: quella della Co2. Il gesto è ormai naturale. Un clic e via. Ma quanto inquina? Di questi tempi questa potrebbe apparire come la classica notizia falsa, una di quelle notizie false che attirano i visitatori del web e dei social network e distribuiscono “bufale” nella cultura popolare. Ma non lo è: a sollevare la questione è stata Rte, la rete elettrica francese posseduta da Edf. Tra i consigli ai cittadini sul risparmio energetico sono comparsi anche questi: invia meno email, stai attento al peso degli allegati, non fare invii multipli (questo uso è soprattutto frequente nelle mail aziendali). Lo stesso discorso peraltro, se si vuol essere coerenti, andrebbe fatto per l’uso di Whatsapp, i post su Facebook, Instagram e Snapchat, come anche per l’ascolto della musica in streaming di Apple Music e di Spotify, o per le serie tv a ripetizione viste su Netflix. Certo, non è lontano il tempo in cui per vedere un film bisognava acquistare un dvd o per inviare un documento bisognava affidarsi a un postino. Ma il tema è un altro, non relativo ma assoluto: la tecnologia a chilometro zero è un’illusione. Ora è vero che i francesi, nel panorama internazionale rappresentano il fronte più impegnato contro la tecnologia. Lo si era visto recentemente anche nella discussione relativa al diritto alla disconnessione, laddove alla fine si è utilizzato uno strumento antico: l’iper-regolamentazione. Ma per quanto possa sembrare curioso in effetti anche le ingenue email inquinano: da 4 a 50 grammi di CO2 equivalente a seconda della pesantezza dell’allegato. Non è poco. I calcoli sono stati fatti considerando la cosiddetta «impronta» che i file digitali lasciano a ripetizione nei data center per percorrere lo spazio digitale. L’economia digitale è liquida ma non leggera e green come poteva apparire. La linea francese può sembrare eccessiva. Ma acquisire consapevolezza di costi e benefici dei nostri gesti contemporanei non è poi una così cattiva idea. Dal primo gennaio in Francia i dipendenti possono “staccare la spina” dalle email nel fine settimana. Ma secondo gli esperti non servirà perché l’eccesso di messaggi che fa perdere tempo si concentrerà nei giorni della settimana. Per l’autore della ricerca per Bain & Company sulle comunicazioni aziendali: “ È tempo che i dirigenti si assumano la responsabilità di cambiare il modo in cui il lavoro viene organizzato”. Si chiama, appunto, “diritto alla disconnessione” ed è quello riconosciuto da una norma contenuta nella nuova legge sul lavoro francese, entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno. Che cos’è? Il diritto dei lavoratori, impiegati nelle aziende con più di 50 dipendenti, di staccare la spina fuori dall’orario di lavoro e nel fine settimana e, quindi, a non restare “online” 24 ore su 24. La legge, infatti, stabilisce che le aziende dovranno negoziare codici di buona condotta con i sindacati, che includano anche la definizione dei momenti del giorno o della settimana in cui i dipendenti hanno il diritto di non essere connessi e di non essere obbligati a controllare la propria posta elettronica. Ma secondo Michael Mankins, esperto di gestione manageriale di Bain & Company, “la legge francese non risolve il vero problema: l’eccesso di messaggi inutili è dovuto alla cattiva organizzazione”. Bain & Company ha analizzato le comunicazioni online di 24 aziende di grandi dimensioni e ha scoperto che il tempo che viene dedicato a email, chat e altri messaggi è sempre maggiore e in crescita. “Abbiamo usato Microsoft Workplace Analytics e altri strumenti di estrazione dati per setacciare le informazioni di Outlook, Gmail e altri programmi di posta per capire quanto tempo viene dedicato a spedire, leggere e rispondere a email, chat e messaggi – scrive Mankins (Perché la legge francese sulle email non ripristinerà l’equilibrio tra tempi di vita e tempi di lavoro) – e ciò che abbiamo scoperto conferma ciò che molti già sospettavano: i dirigenti ricevono ogni giorno oltre 200 e-mail, i direttori dedicano circa 8 ore alla settimana a smaltire la posta elettronica, il livello delle comunicazioni online è cresciuto ogni giorno a partire dal 2008, anno in cui abbiamo iniziato ad analizzare i dati, e in gran parte sfocia nelle ore libere e nei weekend”. Ma anche se definisce “lodevole” l’intento della legge francese, Mankins ritiene che “rischia di confondere causa ed effetto e di non frenare l’ondata di comunicazioni online”. Anzi, aggiunge, “al massimo queste misure sposteranno le comunicazioni di lavoro dal tempo libero e dal weekend alle ore lavorative e sposte

ranno la gestione di altri lavori verso i fine settimana o le ore libere”. L’unico modo per diminuire il tempo dedicato alla comunicazione online, secondo Mankins, è una migliore organizzazione. “Bisogna incoraggiare capi e impiegati a gestire il carico di lavoro che immettono nell’organizzazione attraverso email, chat e messaggi – scrive – Il modo migliore per farlo è fornire loro informazioni in tempo reale sul numero totale di ore dedicate a leggere e rispondere alle email”. Un’altra semplice azione è eliminare il tasto “Rispondi a tutti” (letteralmente o in modo figurato). “Dato che leggere una email richiede tempo, anche quelle non necessarie o che non sono indirizzate a te, il tasto ‘Rispondi a tutti’ può rappresentare un’enorme perdita di tempo”. L’indagine realizzata da Bain & Company ha evidenziato che l’uso del “Rispondi a tutti” costa circa 30 minuti ogni settimana per gestire comunicazioni inutili. “Ci sono pochi dubbi sul costo delle comunicazioni inutili, non solo sul singolo dipendente, ma anche sulla società in termini di perdita di produttività dei lavoratori – conclude Mankins –. La legge francese si concentra sui sintomi e non sulle cause e rischia di non avere effetto sulle troppe email. È tempo che i capi si assumano la responsabilità di cambiare il modo in cui il lavoro viene organizzato, solo così i dipendenti potranno restare sconnessi fuori dall’orario di lavoro e dedicare le ore lavorative a ottenere grandi risultati”. 

a cura di Angela Maria Pirozzi