Badavo ai badanti: i tre segnali

Che io abbia un “problema” è assodato. La forza sta calando e la sensibilità pure. Oggettivamente. Potevo accorgermene prima? Sicuramente. Prima del fine settimana sciistico c’erano stati dei segnali inequivocabili. Era sufficiente coglierli. Farsi le domande giuste. Darsi delle risposte oneste. Mettersi in discussione. Invece ha prevalso l’atteggiamento superficiale del  “figurati se mi può capitare qualche cosa di grave” che mi ha portato a dare spiegazioni di comodo a sintomi incontrovertibili. Insomma, era meglio non vedere. Soluzione: risolvere il “problema” ignorandolo. Tanto una mattina mi sveglierò e sarà tutto come prima.

BADAVO AI BADANTI (riccardo taverna)

La risonanza magnetica aveva dato esito negativo. Era incominciata “la caccia” alla spiegazione del problema. E contemporaneamente avevo incominciato a ricostruire il passato recente alla ricerca dei primi segnali, quelli che non avevo voluto vedere.

  • Segnale 1, il più antico.

In via Castelbarco, quasi all’angolo con via Sarfatti, c’era il Baby Bar. Era piccolo, ordinato, a conduzione familiare. Era la conduzione familiare vecchia maniera. Quella che sa rendere tutti importanti. Quella che si ricorda del tuo nome e del tuo panino preferito fin dalla prima volta. Ai tempi dell’università Giampaolo e io l’avevamo eletto il nostro ritrovo per il pranzo: per l’ambiente, per la bontà dell’hamburger e, soprattutto, per il videogioco “COMMANDO”, ispirato al film di Schwarzenegger. Giampaolo, una delle amicizie più belle nate nelle aule dell’Università, e io ci sfidavamo in continuazione.

Di per sé il gioco era stupido. Con il mitra attaccato al pianale dovevi fare secchi tutti i cattivi nascosti dietro le baracche del campo di prigionia o in mezzo alla foresta prima che loro ammazzassero te. Era importante arrivare al quadro finale con tutte le “vite”. Erano necessarie per vincere la sfida con l’ultimo “cattivone”: l’elicottero. Strategia: scaricare tutti i caricatori alla massima velocità. Giampaolo e io arrivavamo all’ultimo quadro sempre appaiati. Lui abbatteva sempre il suo elicottero. Io, quasi mai. Non sparavo abbastanza colpi. Non tiravo il grilletto abbastanza velocemente. Il mio dito indice della mano destra sembrava lento. Anzi, si stancava ! Come diavolo può stancarsi un dito? Può! Se sei all’esordio di un problema neurologico al quale, in futuro, daranno il nome di CIDP, può!

Ignorando il segnale, incomincio a tirare il grilletto con il dito medio. Anche i miei elicotteri precipitano! Problema risolto!

  • Segnale 2, la panca e i pettorali

Nel  corso del periodo più intenso del Judo agonistico avevo smesso di fare pesi al Club Conti e mi ero costruito una piccola palestra in cantina. Risparmiavo tempo e ... soldi. Avevo smesso di fare Judo da almeno due anni ma

continuavo ad allenarmi in palestra. Alla panca, per allenare bene i pettorali, facevo tre serie da dieci ripetute con 90 kg, cinque in più del mio peso.

Ogni settembre, rientrando dalle vacanze ripartivo da 60 kg. Con calma. Alla fine di settembre ero sempre a pieno regime: 90 kg.

Quel settembre invece no. Non riesco a superare gli 85 kg. Pazienza, per cinque chili. A fine ottobre sono sceso a 70 kg. Per forza. Studio come un matto. Lavoro tanto. Dormo poco: quattro-cinque ore per notte. A fine novembre faccio la panca con 35-40 kg. Strano. Comunque è sicuramente stanchezza. Una comoda auto diagnosi. Dormirò un po’ di più. Dormo di più. I kg rimangono 35. Che strano ma, pazienza. (continua)

By: Riccardo Taverna