RICAPITOLANDO

Capitolo tre “Le coincidenze”

Le coincidenze ci fanno lo sgambetto ogni giorno. Ma sono davvero delle coincidenze quelle per le quali incontriamo un amico solo due minuti dopo aver pensato a lui, oppure lo incontriamo per aver evitato una strada trafficata causa lavori in corso, o in realtà, è solo che ci piace crederle tali?

A volte ci troviamo al posto giusto al momento giusto e automaticamente pensiamo che sia una mera coincidenza a segnare il percorso della nostra vita: essere entrati in quello specifico bar ed aver comprato il biglietto vincente della lotteria. Di aver perso il treno e poi, di essersi comunque innamorati del controllore di quello stesso treno “perso”, magari a distanza di pochi mesi.

LE COINCIDENZE

Non so esattamente di cosa si tratti ma a volte, le coincidenze ci fanno anche vedere cose che non esistono ma cui ci fa piacere credere.

Tuttavia, è stata proprio una coincidenza quando, quella volta, mi sono ritrovata in macchina con un mio zio, tanti anni fa, mentre ero in visita a Cassano Murge, in Puglia.

Era notte; francamente, non ricordo neppure in che anno fossimo, ma so per certo che era notte e che lui parlava senza sosta mentre guidava e fumava coi finestrini chiusi.

Ed io ero lì, appoggiata al finestrino che facevo finta di ascoltarlo, annuendo ogni tanto con la testa, mentre, in realtà, pensavo ai fatti miei, anche un po’ stordita dall’orrendo odore di quella sigaretta.

Passammo davanti un cimitero, buio e nascosto dalla sterpaglia, illuminato solo di striscio da un lampione sgangherato che si affacciava solitario sul ciglio della strada; con lo sguardo stanco e sempre più rintronata da quella voce martellante e dalla mancanza di ossigeno nell’abitacolo della macchina, vidi sul cancello del cimitero, un Cristo in croce.

Il logorroico parente, che non si era accorto di nulla, essendo troppo attento a non far cadere la cenere della sigaretta sui sedili della sua macchina nuova, continuò a guidare mentre io, pensando di aver visto Gesu’, non sapevo se voler vivere il resto dei miei giorni con quella vaga certezza da miracolata o tornare indietro per verificare cosa davvero avessi visto, o creduto di vedere.

Prevalse la seconda ipotesi.

Pertanto, chiesi a mio zio di tornare indietro e, inserita la retromarcia, ci avvicinammo al cancello del cimitero; non saprei dirvi se in qual momento fossi più delusa o più soddisfatta da quello che vidi.

Il “Cristo” che avevo visto, o creduto di vedere, altro non era che un povero diavolo che, dopo aver portato i fiori sulla lapide della moglie, e aver perso la cognizione del tempo - oltre che la via del ritorno - ritrovandosi chiuso nel cimitero, stava scavalcando, tutt’altro che abilmente, il cancello di ingresso.

Per me, che l’avevo intravisto proprio nel momento in cui si era ritrovato “appeso” al cancello, era stato facile “credere” gridare al “miracolo !”

Pensandoci bene però, anche oggi, a distanta di tempo, per me è stato comunque un miracolo (espressione che usiamo spesso nel sud) il fatto, non solo che non si fosse spezzato la schiena nello scavalcare quel cancello, ma anche il fatto che noi ci fossimo trovati a passare proprio di lì in quel momento.

La chiamereste coincidenze?

Alla prossima.

Selvaggia