1.1 Omar il badante che “rompe”

Alle volte anche io non mi spiego come faccio a scegliere i badanti! Omar, 35 anni circa, honduregno, era basso. Alto quanto me seduto sulla seggiola a rotelle. Era lento, lentissimo. E distratto. Passi per la lentezza e la distrazione: quelle si scoprono lavorando. Ma l’altezza!? Sarà stato anche più basso di 1.60. Come potevo sperare di camminare appoggiato a lui senza piegarmi. D’accordo. C’è la carrozzina. Ma ancora oggi, riesco a camminare per  500 metri se mi appoggio a qualcuno... ed è un ottimo esercizio fisico. Comunque. Torniamo alla distrazione. “Scusi signor Riccardo, ho rotto un bicchiere. Lo pago io”. “Non si preoccupi signor Omar, può capitare”. “Scusi signor Riccardo, ho rotto un altro bicchiere”. “Non si preoccupi signor Omar, stia più attento”. “Signor Riccardo, ho rotto un piatto”. “Signor Omar. Faccia attenzione. Non è neanche una settimana che lavora. La prossima volta paga”. Nelly era preoccupata che “questo”, anche se piccolo, ci smontasse la casa pezzo a pezzo. Procedeva senza sosta.

Mentre Omar  ci “cambiava” il servizio di piatti rompendo i pezzi con perizia, in ufficio incominciò ad accadere uno strano fenomeno. Una mattina, sulla mia postazione “apparve” l’immaginetta di un santo.

“Ally, Boris... sapete qualcosa dell’immaginetta alla mia postazione?” chiedo ai miei collaboratori con sufficienza. Li conosco molto bene. Non è da loro. “No Ricky - rispondono in coro - tu sai qualcosa di quelle alle nostre postazioni? “ chiedono ironici a loro volta.

“?!!??!”. Di badanti sono diventato un esperto, questo è il 23º. Mi sono solo distratto un momento. È tutto chiaro. Afferro il cellulare. “Signor Omar , può venire in ufficio per favore?”

Omar mi racconta di essere un evangelico e che ha voluto farmi da badante per darmi “assistenza spirituale”. Mi racconta di suonare in un gruppo latino-americano che è il protagonista di messe cantate dove succedono “cose strane”.

“Cosa succede di strano?” domando a Omar, immaginando la risposta.

“La gente guarisce, signor Riccardo - mi risponde con tono solenne - vuole venire?”

Proprio come temevo. E così si spiegano altri “fenomeni” come la sua proverbiale lentezza, un bradipo al confronto soffre di ipercinesi, e il rovistare nella pattumiera della cucina alla ricerca di pane secco da mangiare. Non per necessità ma, sono convinto, per dimostrare a se stesso di essere un asceta.

Sento il dovere essere estremamente chiaro, sincero e diretto.

“Signor Omar, io non credo in Dio - non sono stato a spiegargli la complessità dei miei pensieri - se ci credessi, non credo nella Chiesa, non credo nelle guarigioni miracolose. Lei è qui per aiutarmi là dove non arrivano le mie mani e le mie gambe. Il mio spirito non deve essere una sua preoccupazione. Se per lei questo rappresenta un problema me lo dica subito che cambiamo”.

Per Omar questo non rappresenta un problema, apparentemente. Convinto, non ho mai voluto sapere da chi, né l’ho mai chiesto, di avere una missione da compiere, ogni tanto “butta lì” un “domenica c’è una messa, vuole venire?”, “sapesse cos’è successo all’ultima messa”. Nei mesi sono passato dal rispondere educatamente “no grazie”, al ignorarlo completamente.

In ufficio non si è più permesso di “seminare” immaginette. Fargli capire che non era opportuno è stato arduo.

Procedeva sempre più imperterrito. A rompere oggetti e da un po’ non solo quelli. Anche quella mattina, come tutte le mattine, ormai da un mese, ripone il mio portatile e i vari accessori dalla tavola da pranzo nella borsa. Pronto per essere riattivato in ufficio. Faccio colazione. Mi lavo. Mi veste. Mi posiziono sulla seggiola a rotelle. Mi appoggia la borsa del portatile sulle gambe. Andiamo in ufficio. 150 m di trasferta!

(continua nel mese di dicembre)

di Riccardo Taverna