DALLE PAMPAS ALLA GRANDE MELA, L’ AVVENTURA DI LOUIS CARROZZI

In un libro l’avvincente viaggio, 8000 chilometri a piedi in due anni, d’un giovane emigrato abruzzese

 

di Goffredo Palmerini

 

L’AQUILA – Sarà presentata il 17 dicembre, con un convegno sull’emigrazione - cui parteciperanno Parlamentari (Mariza Bafile, Massimo Cialente e Claudio Micheloni), Autorità regionali (Donato Di Matteo, presidente del CRAM, e l’assessore Mimmo Srour), la presidente della Provincia Stefania Pezzopane ed il Sindaco dell’Aquila Biagio Tempesta - l’incredibile storia di Luigi Carrozzi, nato nel 1909 a Camarda, grazioso paese della Valleverde alle falde del Gran Sasso. E’ raccontata in un libro la straordinaria avventura d’un emigrante dell’allora Comune di Camarda (diventato nel 1927 frazione dell’Aquila), un viaggio a piedi di oltre 8000 chilometri compiuto tra il 1930 e il 1932, dal cuore delle Pampas dell’Argentina fino ai grattacieli di New York. Luigi Carrozzi (cambiò in Louis con la cittadinanza ottenuta negli Stati Uniti d’America) aveva deciso d’emigrare nel 1926, similmente a gran parte della sua famiglia. Aveva deciso di prendere la via dell’Argentina, approdando a Puàn per lavorare alla fattoria di alcuni parenti, non avendo possibilità d’entrare legalmente negli Stati Uniti. Ma il suo sogno era quello di raggiungere “ l’America”. A tutti i costi. E così fece, mettendosi in cammino nel giugno del 1930, lasciando la fattoria dello zio Odorisio sperduta nella pampa cinquecento chilometri a sud di Buenos Aires, uno zaino in spalla con poche cose e qualche spicciolo in tasca. Attraversò tutta l’Argentina, la Bolivia, il Perù, l’Ecuador, la Colombia, il Panama, l’Honduras, prima di raggiungere New York, clandestino su una nave bananiera, nel maggio del 1932. Gli accadde di tutto: fu incarcerato, rapinato, torturato dai cannibali e persino sequestrato. Nei luoghi più selvaggi, tra serpenti, belve ed animali pericolosi, cibandosi talvolta di sole radici ed erbe, in una drammatica e stremante lotta di sopravvivenza, questa la scenografia vera della sua avventura. Sopravvisse ad un terremoto e ad una rivoluzione. “Conobbe la generosità degli umili e l’indifferenza dei benestanti. Niente, però, né le febbri né il mal di montagna né le sabbie mobili né le pestilenze, niente riuscì a dissuaderlo – afferma nella presentazione al libro Pasquale Corriere, che ne ha fortemente voluto la pubblicazione - e i suoi occhi non mirarono mai ad altro se non alla meta prefissata”. Contro ogni avversità, con una volontà d’acciaio, Carrozzi compì il suo sogno. Di queste vicende si parlava a Camarda già da alcuni anni, più con l’aria d’una leggenda piuttosto che d’una storia veramente vissuta. Il fratello dell’emigrante spesso riferiva d’un libro in inglese in cui lo stesso Louis Carrozzi raccontava tali vicende. E’ stato Pasquale Corriere, presidente dell’Associazione San Pietro della Ienca, a mettersi sulle tracce di quel testo, con la fattiva collaborazione di alcuni conoscenti che vivono negli States. La paziente ricerca è stata infine premiata, con il rinvenimento d’una copia del libro di Carrozzi, mai prima arrivato in Italia. Si è posto subito il problema di pubblicare in Italia questa storia, a distanza di oltre mezzo secolo dalla sua apparizione negli Stati Uniti, anche con lo scopo di onorare in maniera diversa dal consueto la grande epopea dell’emigrazione italiana nel mondo, quasi un debito di riconoscenza alle indicibili fatiche e sofferenze degli emigrati italiani prima di potersi affermare, con la loro laboriosità e con il loro ingegno, ovunque nei cinque continenti. Louis Carrozzi non aveva potuto divulgare subito le memorie della sua avventura, per il fatto d’essere entrato illegalmente negli Usa. Potè finalmente farlo dopo il 1945, finalmente ottenuta la cittadinanza americana. Fu così che Louis, sulla scorta delle sue certosine annotazioni di viaggio, trasfuse le sue avventure in un libro, pubblicato nel 1954 a New York. La complessa opera di pubblicazione nel nostro Paese della straordinaria avventura di Louis Carrozzi, scomparso a Los Angeles all’età di 50 anni nel 1959, non è stata cosa agevole. C’è voluta la riconosciuta competenza di Errico Centofanti, personalità di valore che ha firmato con la sua direzione artistica importanti eventi in Italia, perché l’operazione assumesse il rilievo d’una ricerca a tutto tondo su Louis Carrozzi, sulla sua vita e sulla sua straordinaria odissea, superando anche tutte le difficoltà connesse alla cessione dei diritti editoriali internazionali. La ricerca si è avvalsa del recupero d’ogni parte della memoria e delle testimonianze familiari. Un eccezionale contributo è stato dato da Madeline Carrozzi, la figlia di Louis, nata negli Stati Uniti ed attualmente residente in California. Il testo di Louis Carrozzi che ora vede la luce in Italia con il titolo “ La mia grande avventura “, rende indispensabili alcuni chiarimenti, come ha ben esposto Errico Centofanti nella “Guida alla lettura” che correda il volume. Il testo, edito in lingua inglese a New York nel 1954, “conteneva una versione ampiamente rimaneggiata – e non marginalmente travisata – del testo originale”. L’attenta cura esegetica di Centofanti fa sì che l’edizione italiana costituisca un’opera del tutto autonoma, l’unica autenticamente ascrivibile a Louis Carrozzi. Egli, infatti, aveva composto il testo in italiano circa sette anni dopo il viaggio. Successivamente quel manoscritto, che nel corso degli anni è andato perduto, era stato tradotto in inglese dalla moglie, Margaret Brigante, di famiglia calabrese ma nata negli Stati Uniti. Tale versione inglese è stata successivamente trascritta su supporto elettronico dalla figlia Madeline, che non conosce la lingua italiana. E’ da quest’ultima versione, tradotta dall’inglese da John Hemingway, nipote del grande scrittore Ernest, che proviene il restauro testuale proposto nell’edizione italiana. “Louis Carrozzi, – annota ancora Errico Centofanti – ovviamente, non era un intellettuale. Non lo fu, semplicemente perché gli mancò la possibilità di quella formazione culturale che la sua intelligenza e il suo talento creativo avrebbero meritato. La grande avventura del viaggio transamericano compiuto da Louis a piedi sarebbe rimasta una vaga leggenda circoscritta all’ambito delle memorie di famiglia, se egli non l’avesse provvidenzialmente riassunta in una forma durevole qual è quella della scrittura. Ma la scrittura, ovviamente, non era e non poteva essere il mestiere di Louis. … Eppure, a Louis Carrozzi va riconosciuto un non trascurabile talento letterario e drammaturgico, che avrebbe potuto fruttare, per citare un coevo scrittore di somma statura, un altro John Fante, se i casi della vita si fossero mossi differentemente e se egli avesse potuto godere di un diverso contesto sociale e avesse potuto accedere a studi e conoscenze di superiore livello”. Il restauro testuale è stato mirato a riportare il testo il più possibile vicino alla stesura autografa, partendo dalla traduzione di John Hemingway sulla versione inglese trascritta al computer da Madeline Carrozzi. Quest’ultima costituiva il risultato di molteplici sovrapposizioni stilistiche e semantiche, frutto di differenti sensibilità e di bagagli culturali variegati, quali sono quelli di Margaret Brigante e della figlia Madeline. “Di sicuro – conclude Centofanti – è un’opera che si lascia leggere con piacere e partecipe curiosità, che offre informazioni intriganti, che induce a riflettere su questioni di portata universale, che attraversa la mente non senza lasciare tracce significative. Insomma, questo è un buon libro, che valeva la pena di salvare dalla dimenticanza.” Quest’operazione meritoria si completa con la pubblicazione, in parallelo, d’un secondo volume “L’uomo che trovò l’America” a cura di Errico Centofanti, dove sono riportate ampie esposizioni della biografia di Louis Carrozzi, della storia del suo testo, con studi complementari sul viaggio, sulla documentazione e sulla personalità di Louis, infine il testo d’una lunga conversazione con quell’altra straordinaria persona che è Madeline Carrozzi.