Siamo tutti consapevoli che l’art. 21 della Costituzione Italiana, in tutela della “libertà di stampa” recita: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
Ma, allo stesso modo, ognuno di noi è a conoscenza che il concetto di diritto deve necessariamente coesistere con il concetto di "limite". Le varie sfere giuridiche, infatti, limitandosi tra loro, cercano di mantenere quell'equilibrio in grado di realizzare una convivenza civile e ordinata. È quindi da escludere che la Costituzione, enunciando il diritto di libera manifestazione del pensiero, voglia consentire quelle attività in grado di turbare proprio l’ordinata convivenza civile.
Esistono infatti limiti precisi e severi alla libertà di manifestazione del pensiero; e a questi limiti per chi esprime un proprio pensiero corrispondono altrettanti diritti a tutela dei singoli, quali ad esempio la riservatezza, il segreto a tutela di interessi pubblici o privati e, infine, il diritto all’onore, da intendersi sia come diritto alla dignità, sia come diritto alla reputazione.
Fatta questa dovuta introduzione, siamo rimasti estremamente sconcertati, allibiti, basiti quando ci sono capitate tra le mani le pagine di un giornale di Montreal “Il Cittadino Canadese” che il 18 febbraio di quest’anno, riprendendo una frase con cui Renato Brunetta ha definito il nostro Presidente del Consiglio Matteo Renzi “Un bullo in piena crisi di nervi” ha colto l’occasione, nascondendosi dietro la summenzionata “libertà di stampa” per snocciolare una inutile, quanto irritata giaculatoria, farcita di invettive scomposte, contro lo stesso Presidente Renzi.
Un articolo in cui lo stesso Renzi viene definito dall’autore dell’articolo come un “...bulletto del quinto anno, tipico rappresentante d’istituto”, che ha una “ ... espressione da Stalin in carriera” e che “ ... tira fuori il coniglio che c’è in lui” con comportamenti tipici “... del bulletto di quinta professionale all’interrogazione trimestrale”.
Il nostro Ambasciatore Gian Lorenzo Cornado, ha replicato a tanto, il 25 febbraio, in un incontro sul rinnovo dei COMITES, tenutosi a Montreal al centro Leonardo da Vinci, prendendo le distanze non dal dissenso politico espresso con tanta acredine, ma solo dalle modalità e dalle invettive personali usate contro il nostro Presidente del Consiglio, esplicando, a nostro avviso, il suo mandato professionale nel migliore dei modi.
“L’Ambasciatore” – come è scritto anche nella definizione di Ambasciatore nell’ambito dell’articolo pubblicato nell’edizione del 4 marzo de “Il Cittadino Canadese” – infatti, “rappresenta il Capo dello Stato. Suoi compiti sono: proteggere gli interessi nazionali e dei suoi cittadini sul territorio straniero ... “. E’esattamente quello che l’Ambasciatore Cornado si è limitato a fare: proteggere gli interessi del proprio concittadino Matteo Renzi (che prima ancora di essere il Presidente del Consiglio dei Ministri Italiano e il Segretario Politico del partito che ha raccolto oltre il 40% delle preferenze alle scorsa tornata elettorale è un Cittadino Italiano) in territorio Canadese da un attacco che ne ha minato ripetutamente la dignità e la reputazione.
Tutto qui. Senza alcuna valenza politica. Ed ecco pronta la reazione, ancora una volta personale e scomposta da parte del giornale in questione. Per il solo fatto di aver dissentito dalle esternazioni dell’autore dell’articolo, svolte contro Renzi e non contro la politica di Renzi, il nostro Ambasciatore in terra canadese, viene definito “goffo” per essersi esibito, a loro dire, “ ... in un doppio salto carpiato (dialettico), degno del miglior trapezista del Festival di Montecarlo”.
Tanto, per il solo fatto di aver espresso il proprio, personale, fondato timore che articoli come quello pubblicati il 18 febbraio avrebbero potuto rischiare di nuocere all’immagine del nostro Paese in Canada!
Così, si tocca il fondo. Come giornalisti, chiediamo scusa ai lettori di questa testata e a tutti coloro che si sono trovati tra le mani questo articolo: chiediamo scusa, perché abbiamo sempre fatto del giornalismo – e delle connesse libertà di parola e libertà di stampa – uno strumento di informazione obiettivo e serio al servizio della collettività e non di personali isterismi incontrollati.
Chiediamo scusa e prendiamo anche noi le dovute distanze da questo modo arrogante e distorto di “fare informazione”: non crediamo che questo sia quello che un lettore informato chiede a un giornale.
Crediamo fermamente nelle libertà di parola e di stampa, ma rifuggiamo ogni attacco personale che non aggiunge alcun “quid pluris” all’informazione, screditando irrimediabilmente l’intera categoria professionale.
E’ vero che “ ... la deontologia professionale ci obbliga a raccontare i fatti, belli o brutti che siano”; ma non è assolutamente vero che ci consente di esprimere giudizi denigratori sulle persone.
E, allora, l’invito è a spegnere i toni, evitando inutili diatribe e polemiche che non portano a nulla di costruttivo. Le cose possono essere dette in mille modi, i toni possono essere moderati e i contenuti mantenuti nell’alveo di una dialettica corretta e composta, senza, per questo, nulla togliere alla libertà di stampa o di parola.
Su una cosa siamo assolutamente d’accordo con gli autori della testata in esame quando, riferendosi al proprio modo di fare informazione, affermano: “... non crediamo di poter influenzare fino a tal punto la politica estera di un grande Paese come il Canada”.
Angelo Filoso
Executive Editor, Il Postino