di Zeljka Gaspar
Allora la vespa si associava ai miei occhi con la trasgressione, il peccato e persino con la quasi tentazione non tanto dell’oggetto ma della sfumata
seduzione di raggiungere posti lontani dove la vespa poteva essere l’unico mezzo di trasporto. Così essa è entrata nella mia immaginazione non come un oggetto di desiderio ma come simbolo di un desiderio non esaudito” (“Thus the Vespa came to be linked in my eyes with transgression, sin, and even temptation- not the temptation to posses the object, but the subtle seduction of faraway places where the Vespa was the only means of transport. And it entered into my imagination not as an object of desire, but as a symbol of an unfulfilled desire”) Sono parole di Umberto Eco, e leggendole, l’altro giorno, mi sono ritornati vari ricordi. La vespa si è insinuata anche nei miei sogni. Io l’associavo al mare e al sole.
Ogni anno andavo con la mia famiglia a passare alcuni giorni al mare. Questi viaggi furono la più bella parte della mia infanzia. Mi sembrava sempre di essere trasportata ad un paese dove non c’erano compiti e maestre, dove potevo dormire e giocare quanto volevo e dove mi aspettavano tante cose “magiche”. Tra esse c’era la vespa di Zrinka. Le mie vacanze si svolgevano sempre a Spalato in Dalmazia dove vivevano gli amici dei miei genitori che avevano quella figlia di nome Zrinka. La famiglia di Zrinka era molto più ricca della mia. Nel loro frigorifero c’era sempre del gelato; Zrinka aveva barrette per i capelli di tutti i colori ed i giocattoli che non potevo immaginare neanche nelle fantasie più elaborate. Ma la cosa che mi affascinava di più era la sua vespa bianca che aveva ottenuto dal padre per il compleanno. Quella vespa bianca ci portava alla spiaggia, alla piazza o al cinema; su di essa si poteva ascoltare musica, chiacchierare con le amiche e mangiare i fichi freschi rubati dall’albero che apparteneva ad una vecchia signora che non poteva neanche sentire il ronzio del nostro bel veicolo.
Qualche tempo dopo, la vespa si inserì facilmente nell’immagine che avevo dell’Italia. Dico facilmente perchè ogni volta che ci andavo ero circondata da quegli scooter. Le strade di Trieste, di Roma o di Firenze erano piene di vespe. Poi, la vespa era così simile alla maggior parte delle persone italiane che ho conosciuto nella mia vita: piena d’energia, ‘ciarliera’ e d’una ‘personalità’ vivace. Quando sono arrivata in Canada di vespe non ce ne sono più state. Dio, che choc quando mi accorsi che tanta gente non sapeva che cosa fosse la vespa! Neanche alcuni degli studenti italiani nelle mie classi all’università ne avevano mai sentito parlare. Mai! “Ma come è possibile? Come è possibile?”, ripetevo mille volte a me stessa. Eh, già… Siamo nel Canada. Tutto è possibile qui.
Eppure la vespa, conosciutissima, ormai, in tutto il mondo, ha già più di cinquant’anni di vita. La sua storia, infatti, incomincia nel 1946 quando Enrico Piaggio, il proprietario di una fabbrica di aerei di Toscana distrutta durante la guerra, presenta al suo collaboratore, Corradino D’Ascanio, l’idea di produrre un veicolo che fosse semplice e poco costoso da fabbricare e che nello stesso tempo fosse accessibile alla gente impoverita dalla guerra. D’Ascanio, che era un ingegnere bravissimo, accetta la sfida e in 5 mesi costruisce non soltanto il nuovo scooter, ma anche il nuovo motore a due piani. La prima vespa pesa circa 80 chilogrammi, consuma 3.5 litri di benzina per ogni 100 chilometri e ha la massima velocità di 70 chilometri l’ora. In poco tempo la vespa, chiamata così per il ronzio particolare del suo motore molto simile a quello degli animaletti dello stesso nome, conquista il mercato mondiale.
Nel 1947 è presentata al pubblico francese, nel 1949 a quello inglese, poi, arriva in Germania, in Spagna ed anche nelle Americhe. Diversamente dall’impoverita America latina che accetta il veicolo di tutto cuore, perchè non costa molto e non consuma tanta benzina, l’America settentrionale non è molto accogliente. Le distanze che la gente di questa parte del mondo percorre ogni giorno ed il fatto che le macchine e la benzina non costano troppo bloccano la popolarità dello scooter italiano.
Nei quattro anni in cui ho vissuto a Ottawa ho visto la vespa solo una volta. Di colore argenteo, era parcheggiata vicino ad una Harley Davidson con tante altre costose motociclette che ogni estate i fieri proprietari allineano nel Byward Market. In quel contesto il veicolo che avevo sognato tutta la mia vita non sembrava più lo stesso. Non sembrava quella motocicletta sulla quale avrei ritrovato volentieri le vecchie strade di Roma e quei nuovi quartieri che Nanni Moretti ha attraversato nel film Caro diario. Per qualche motivo quella vespa nel Byward Market non possedeva la dignità ed il fascino. Era come tutte le altre più grandi e più costose motociclette che la circondavano, luccicante e senza anima . Forse era colpa del posto, forse del colore, forse del tempo… Forse semplicemente di me che in questo nuovo paese, che mi fa sognare delle cose passate più intensamente che mai, non sono ancora pronta a liberare un po’ di spazio per una vespa ‘canadese’.