L’AQUILA - Massimo Cialente, per la seconda volta a palazzo Margherita, è il 24/mo sindaco eletto dell’era repubblicana, a partire dal 1948. I galantuomini suoi predecessori – almeno fino all’ultimo Tullio De Rubeis, 1980-1985 – furono impegnati nella ricostruzione economica, morale e intellettuale della città, uscita dalle macerie della seconda guerra mondiale. Massimo Cialente, come i sindaci del 1948, ha oggi in mano una città profondamente ferita (non morta, come qualcuno va dicendo) dal sisma che ha creato ed ampliato quasi all’infinito il ripetersi di quei lontani tragici momenti di smarrimento e valoriali, superati, però, con la forza d’amore e politica di quanti fecero parte dell’ ”aristocrazia amministrativa”, sulla cui scia gli aquilani camminarono per ben 38 anni.
Dopo, con l’avvento nel 1985 del “sindaco pontiere” Romeo Ricciuti, nato dal dissolvimento dei partiti in seguito a “mani pulite”, L’Aquila (e comunque l’Italia intera) ha vissuto anni di disgregazione economica, non meno che morale e culturale, la cui manifestazione più plateale fu data dalle due amministrazioni di Biagio Tempesta (1998-2002 e 2002-2007), il cui superamento fu riposto nella prima elezione di Massimo Cialente fermato sì, dal terremoto, ma spesso anche e soprattutto dagli insanabili contrasti interni al suo patito, “assaltato” in più occasioni dal radicalismo dei suoi alleati: in particola dell’IdV e di Rifondazione comunista.
Tutto questo, però, lo ha spazzato via il terremoto che non ha fatto sconti a nessuno, ponendo tutti in “trincea”, diversa ma simile a quella del dopoguerra, da cui dovrà con urgenza sortire l’alba della rinnovata L’Aquila, con l’abbattimento dell’ingiusta e dolorosa diaspora dei suoi cittadini.
Non sarà cosa facile, lo si comprende. Va ricordato però che, nel tempo del CLN, la rimozione delle ceneri della seconda guerra mondiale principiò con due panini: quelli che, portati dall’Aquila, mangiarono, seduti su una panchina di in un giardinetto di Roma, il “sindaco designato” Luigi Vacca e il suo improbabile autista, dopo l’incontro che il primo cittadino aquilano ebbe nel gennaio 1945 con l’allora primo Presidente del consiglio dei ministri, Ivanoe Bonomi, al quale fu illustrato il “doloroso stato” della città che anelava a scrollarsi di dosso, come avvenne, le profonde frustrazioni derivate dai venti di guerra appena cessati.
Tempo analogo, ancorchè diverso, quello da affrontare oggi, che non chiederà ovviamente a Massimo Cialente di consumare a Roma i panini preparati dalla Consorte (come fece meritoriamente la Moglie dell’avv. Vacca); ma di certo imporrà l’accoglimento del profondo, unanime “grido” della città protesa giustamente verso il suo Rinascimento del terzo millennio.