Ha dell’incredibile l’impresa di due ragazze Italiane del Sud, Flavia Pennetta e Roberta Vinci, poco più che trentenni che, guadagnandosi entrambe la finale di Tennis degli US Open - a New York sul campo di Flushing Meadows – hanno, ancora una volta, proiettato l’Italia nell’Olimpo dei “Grandi”.
Entrambe orgoglio nazionale – a prescindere dal risultato finale che doveva, ovviamente, essere appannaggio di una sola vincitrice! – hanno, inizialmente, demolito avversarie su avversarie, del calibro della Williams, facendo ammutolire NYC.
Poi, dimostrando tutto il loro carattere, la loro grinta, la loro caparbietà e la loro voglia di vincere sul campo, nella finale del 12 settembre 2015.
Una data destinata a restare nella storia: non solo per quello che hanno dimostrato sul campo, ma soprattutto per quello che hanno dimostrato fuori dal campo.
Non voglio parlare, infatti, solo dei meriti sportivi, vorrei parlare anche di meriti umani.
Vedere la Vinci, sconfitta, che a fine match corre ad abbracciare la sua avversaria Pennetta, gettarsi al suo collo e piangere di gioia con lei, credetemi, non è cosa comune.
Tra avversari sportivi, o politici che dir si voglia, siamo abituati alle strette di mano di circostanza, ai sorrisi di cortesia alle pacche sulle spalla per logiche televisive; ma lacrime di gioia vera, è davvero difficile.
La dice lunga sul carattere degli Italiani, al punto che preferisco lasciare a ognuno di voi, le relative considerazioni.
Per quanto mi riguarda, mi limiterò a dire che, è questa l’Italia in cui mi rivedo, l’Italia che mi rappresenta e che mi permette, ogni giorno, di dire: “Sono Italiano”.
L’Italia capace di tutto, anche di vincere quando nessuno ci crede.
E, allora, grazie: grazie Flavia e grazie Roberta per averci regalato un sogno. Grazie per averci, ancora una volta, permesso di sentirci orgogliosi di una Grande Nazione come l’Italia, stringendoci forte questo inaspettato momento di gloria