Parla. Ininterrottamente. Giorno e notte.
Non mi lamento con gli infermieri. L’ospedale, la sofferenza e la malattia ci rendono tutti uguali. Lamentarsi della sofferenza o della malattia di un compagno di camera è una mancanza di rispetto. Vuol dire non riconoscere la persona nella sua umanità e nella sua fragilità. Significa non riconoscere la propria. Anche se…
È passata l’ora di cena. Ho finito la flebo da un paio d’ore. Mi sono sgranchito. E mi sono rimesso a letto a leggere.
“Signor Corsaro, ecco la sua pastiglia”. È l’infermiera che sta somministrando le terapie.
“La prendo se ne prende lei metà”, propone il signor Corsaro.
“Non può – spiega l’infermiera – deve prendere mezza pastiglia. È la dose”.
“La prendo se ne prende lei metà”, insiste il signor Corsaro.
“Su signor Corsaro, prenda la pastiglia… da bravo”. L’infermiera, giovane e minuta, assume un tono paternalistico. Sono entrambi seduti sul bordo del letto. Mi danno le spalle e, se non fossimo in ospedale, potrebbero essere nonno e nipotina.
“Ho detto che ne prendo metà se lei prende l’altra metà”. Il signor Corsaro continua imperterrito.
“Signor Corsaro, su da bravo, mi sta facendo perdere tempo. Ho tanto lavoro da fare”, spiega l’infermiera con dolcezza. Ma-scherando un goffo tentativo di spezzare la resistenza del signor Corsaro con i sensi di colpa.
“Metà per uno”. Il signor Corsaro è granitico.
L’infermiera non ha capito il livello della sfida. E la schermaglia continua per cinque minuti.
Posso avere pazienza con il mio compagno. Ma con l’infermiera dura pochissimo. Appoggio il libro. Mi alzo e vado verso la porta.
“Scusa, vieni con me per un momento”, chiedo o comando all’infermiera. O forse entrambi. L’infermiera mi segue senza chiedere perché. Sono infastidito e non lo sto nascondendo. Ci fermiamo davanti al carrello dei farmaci. L’infermiera è in un silenzio preoccupato.
“Adesso – i miei occhi nei suoi – tu prendi una pastiglia intera e torni di là. Ricominci e quando il signor Corsaro ti dice che ne devi prendere metà, gli dici di sì. Spezzi la compressa in due. Fai finta di prendere la tua parte. Il signor Corsaro prende la sua. Il problema è risolto. Tu continui il tuo giro. Io continuo a leggere in pace. Chiaro?“. L’infermiera si illumina e rientra in camera baldanzosa. Esce trionfante.
Strizza l’occhio sorridendo.
Riprendo la lettura. In pace.
Il signor Corsaro riprende a parlare. Parlerà per tutta la notte.
In ospedale il concetto di pace è relativo.
(giugno 1995, circa)
Di Riccardo Taverna a cura di Antonio Giannetti