MAR MEDITERRANEO, CULLA DI DOLORE

Dopo che un anno è passato dalla morte del piccolo Aylan Kurdi, nel Mediterraneo hanno perso la vita altri 3.165 migranti, tutti partiti per arrivare alle coste dell’Europa, nonostante le difficoltà, le violenze e le speranze.

Chiaramente quelli che corrono i maggiori rischi sono i minori che, negli ultimi 8 mesi, in oltre 85 mila hanno rischiato di annegare in mare.

Tante sono le storie di dolore.

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Zenaib è un giovane eritreo che, dopo aver subito mille atrocità e violenze nel suo Paese, a luglio è partito dalla Libia per arrivare in Italia e, oggi, non smette di piangere perchè è convinto che suo fratello, un ragazzo di 16 anni sia ancora vivo.

Oggi è stato trasferito nel centro di accoglienza di Bari e, con lui sulla barca c’erano il fratello di un anno più piccolo, famiglie di siriani e nigeriani, adulti e bambini.

Era una barca di 12 metri; una imbarcazione troppo piccola per resistere al mare, al punto che è affondata al largo delle coste di Sabrata.

Metà dell’equipaggio è morto annegato.

E, nonostante  tutto, si continua a morire allo stesso modo, e un anno fa, il 2 settembre 2015, abbiamo assistito, inermi, al dramma del piccolo Aylan Kurdi, il bimbo siriano di tre anni, rinvenuto morto su una spiaggia turca.

La famiglia del piccolo stava facendo un ultimo tentativo di raggiungere i familiari, via mare, come migliaia di migranti per raggiungere la salvezza, lontano dalle bombe, lontano dalla follia della guerra civile.

Oggi, a distanza di un anno, è cambiato davvero poco e, secondo gli organismi internazionali, come dicevamo, dall’inizio del 2016 almeno 85 mila minori hanno rischiato di annegare per raggiungere l’Europa, dei quali, 1500 non accompagnati, aspettano in Grecia per essere ricollocati e oltre 2 milioni sono bloccati in aree della Siria sotto assedio o ad altissimo rischio.

E per chi è rimasto mancano fondi e scuole per ospitare quasi tre milioni di giovani alunni.

Invece, sono 3.165 i morti nel Mediterraneo dal primo gennaio al 24 agosto del 2016: sono 509 in più se confrontati con i primi otto mesi del 2015 secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).

Sui 270.576, tra migranti e rifugiati entrati in Europa via mare il «prezzo» in vite umane da pagare è davvero molto alto: sono morte 21 persone ogni 24 ore e, purtroppo, uno su tre è un minore.

La maggior parte di loro proveniva dalla Turchia ed è sbarcato in Grecia e, per molti di loro, le famiglie non sanno più niente: scomparsi tra le onde, non ricevono né sepoltura né un nome su una lapide.

Chi invece è sopravvissuto, dopo il viaggio, i pericoli e lo sbarco, finisce negli ingranaggi della burocrazia italiana. Pomeriggi vuoti, carte da bollo e una domanda ossessiva: «Che faccio qui?».

La legge prevede che i minori debbano essere identificati e collocati in strutture di prima accoglienza specifiche: il vero problema è che i posti disponibili siano circa 800 in tutta la Penisola, con la conseguenza che arrivano in Sicilia e se il ministero dell’Interno cerca posti (e puntualmente non li trova) diventa competente il comune di sbarco come Pozzallo o Agrigento.

Il Risultato?

Alla fine, sull’isola sono concentrati un terzo dei minori non accompagnati.

“Invece di puntare sulla creazione di un sistema di accoglienza diffuso sull’intero territorio nazionale e imperniato su piccoli centri sono state create mega strutture di prima accoglienza emergenziali, sovraffollate e lontane da centri abitati” spiega Elena Rozzi dell’associazione per gli studi giuridici (Asgi).

“È inaccettabile che si continuino ad inviare minori stranieri in centri nei quali la legge espressamente vieta il loro collocamento, come il centro di Mineo o l’hotspot di Pozzallo, oppure in comunità non autorizzate o inidonee e prive di personale qualificato”.

La conseguenze sono che non si trova nessun educatore, ci sono pochi percorsi di integrazione attraverso la scuola e il lavoro e, problemi e traumi restano irrisolti

Ecco, allora, il proliferare di rischi di devianza, tensioni tra gli ospiti, carte per ogni cosa (anche le cure in ospedale sono difficoltose senza un tutore) e in ultimo episodi di intolleranza.

Il 21 agosto scorso, tre minorenni egiziani sono stati ripetutamente colpiti con delle mazze da tre uomini con i quali avevano avuto dei contrasti per futili motivi poco prima a San Cono, paese del Catanese. Uno dei tre ragazzi è finito in coma.

Chi può, cerca di scappare e su 17 mila minori, più di 5 mila sono irreperibili secondo i report del ministero del Welfare.

E quando vengono rintracciati, incuranti della legge, vengono rispediti dove sono stati registrati e fotosegnalati la prima volta.

Nell’ultimo mese, moltissimi ragazzi sono stati fermati a Como; tra loro, soprattuto eritrei e somali che hanno genitori e fratelli oltre frontiera.

E’ una situazione al limite dell’insostenibile, ma purtroppo si è creato un sistema di segregazione dei minori stranieri in strutture diverse e con standard di accoglienza inferiori a quelli applicati alle comunità che accolgono i minori italiani, mettendo in atto, comportamenti che a volte sfociano nel discriminatorio

A cura di Antonio Giannetti