NON SOLO ANTOLOGIA

“Una affermazione, una volta che ne venga accertata la “logicità”, può essere ancora messa in discussione? Secondo alcuni, il fatto che di una affermazione sia stata accertata la logicità non è sufficiente. Essa deve essere di accordo anche con la umana natura, perché “l’essere di accordo con la umana natura” e, cioè con la “ragione eterna”, è più importante che “l’essere logico”. Possiamo immaginare una lettera in cui “l’uomo logico” parli nel testo e “l’uomo ragionevole” – il vero spirito umano – parli nel post-scriptum. Un padre può scrivere alla figlia – che gli ha chiesto di mandarla all’Università – mettendo in evidenza le varie, fondate ragioni per le quali non può mandarvela, con una specie di serrata, cumulativa, inoppugnabile logica; ragioni come: l’avere già tre figli da mantenere all’Università; la mamma cagionevole di salute, abbisognevole di costosissime medicine e di assistenza in casa. E, dopo la firma, un “post-scriptum”, in cui afferma: “al diavolo ogni cosa, figlia mia; preparati ad andare all’Università quest’anno, in qualche modo ce la farò.”

“Le leggi del diritto sono, debbono o dovrebbero essere come le leggi della natura, perché entrambe esprimono la successione costante tra due fatti: se è avvenuto un fatto con dati caratteri, un altro con dati caratteri deve avvenire. Senonchè, a differenza delle leggi della natura, quelle del diritto sono “hominibus constitutae”, per cui nella loro formulazione e nella loro applicazione, alle difficoltà del sapere si aggiungono le difficoltà del volere: una legge del diritto può essere male formulata o male applicata, non tanto perché il legislatore o il giudice sbaglia, quanto perché “vuole sbagliare.”

“Nella “Repubblica” di Platone, medici e giudici sono accomunati in una stessa diffidenza, come sintomi rivelatori delle malattie, fisiche e morali, di cui soffrono i cittadini. Questa affinità ideologica tra le due professioni, non è oggi meno evidente, soprattutto quel sentimento di virile mestizia che l’esperienza del male altrui – fisico o morale – induce in chi giornalmente lo studia e lo conforta. Anche i giudici, come i medici, respirano per tutta la vita l’aria viziata delle corsie in quei “grigi ospedali” di tutte le umane corruzioni, che sono i Tribunali.” (Pietro Calamandrei)

“Il legislatore, se è legislatore per davvero, tra il definire e il non definire ha da tenere la giusta misura. Né tutto concedere alla giustizia – cadendo nell’ingiustizia del diritto libero – né tutto alla certezza, inchiodando l’etica sulla croce della legge.” (Carnelutti)

“Una finalità senza un fine determinato contrassegna il “bello”, a differenza del “piacevole” e del “buono”. Il “piacevole”, infatti, porta con sé un interesse verso il conseguimento della cosa che ne è l’oggetto. Quindi in esso la persona tende a realizzare un fine soggettivo, cioè ad appagare un suo personale bisogno. Il “buono”, a sua volta, implica una valutazione concettuale dell’oggetto, quindi la sua finalità è oggettiva. In entrambi i casi (piacevole e buono), questa finalità comprende, insieme con la forma, anche la meta da raggiungere, data, nel primo, dall’interesse soggettivo da appagare, nell’altro dal valore concettuale dell’oggetto. Nel giudizio estetico della bellezza, invece, nessuna delle due finalità trova luogo, perché nessun interesse, soggettivo od oggettivo, presiede alla sua formulazione. Nel “bello”, la finalità è puramente formale; soggettiva sì, ma in senso diverso dalla soggettività interessata del “piacevole”. Per esempio, io ammiro esteticamente un bel panorama: il mio godimento prescinde da quel che possono valere le cose che lo compongono in rapporto ai miei bisogni; e, precisamente, ancora, da quel che possa intrinsecamente significare il loro concorso o il loro accordo. E, tuttavia, io sento immediatamente che c’è tra esse un accordo, una consonanza, come se una volontà le avesse, con intenzione, ad arte, disposte in quel modo. Ma, quale che sia in concreto tale intenzione, non ho bisogno di indagare; anzi, se indagassi, distruggerei la immediatezza di tale godimento, ed entrerei in tutt’altro ordine di considerazioni.” (Goethe)

By Enzo Pirozzi (a cura di Angela Maria Pirozzi)