Salvo Iavarone / Presidente Asmef / presidenza@asmef.it
Anche quest’ anno abbiamo incontrato le comunità di italiani all’ estero, per la quarta volta, dopo oramai sei edizioni della rassegna “Giornate dell’ Emigrazione”. E’ importante far partire i progetti, pensarli, avviarli. Ma forse ancora più difficile è consolidarli, evitare che evaporino come fumo nell’ aria. E dopo sei edizioni di successo, attraverso tantissimi momenti in Italia ed incontri in U.S.A. , Argentina, Brasile, Canada, possiamo dire senza presunzione di vivere una realtà consolidata.
Siamo da poco rientrati da New York, Toronto e Montreal. La delegazione Asmef, guidata da chi scrive, assieme a Valeria Vaiano, Alessandra Laricchia, Mariangela Petruzzelli, ed altri (nove in totale), ha partecipato al Columbus Day, organizzato una bellissima mostra in collaborazione con Entropyart e all’ artista Anna Maria Pugliese che ci accompagnava, presso il prestigioso Columbus Center di Toronto, incontrato comunità ed associazioni a Montreal. Confermati gli incontri ufficiali previsti dal programma, con i consoli Natalia Quintavalle ( New York ), Gianni Bardini ( Toronto ) , Giulio Picheca ( Montreal ) . Qualche considerazione.
Anticipo subito di aver rilevato differenze abissali tra i due Paesi. Ho trovato gli americani nervosi, in difficoltà con sé stessi, poco fiduciosi nella vita e nel futuro. Tanti problemi ben noti alle cronache si toccano con mano. Intanto una forte imposizione di regole comportamentali, alle quali i cittadini da una parte mediamente credono; ma dall’ altra si vedono costretti a fuggire per difficoltà oggettive. E quindi ecco controlli rigidi già in aeroporto, confermati in strada; ma poi vedi tanti che ti chiedono dollari in tutti i modi, ai limiti della legalità (mance in qualche modo “ imposte” , addebiti tutti da verificare, piccoli furti nei negozi, etc.). Insomma una società in affanno. Tutti vogliono vendere di tutto, per far soldi. Soldi che evidentemente non ci sono. Ci si chiede: chi ha prosciugato le casse del globo? Sai, finché sei in Italia, i problemi li addebiti a Craxi, piuttosto che allo IOR, o all’ incapacità di chi governa ( e magari alla grande capacità di chi specula! ). Ma quando vedi l’America senza soldi, la grande mamma di tutti, paradiso nell’immaginario di ognuno e meta di milioni di migranti … Beh, allora davvero ti chiedi chi abbia prosciugato le casse del mondo. Ce la faranno a volare di nuovo? Non lo so, ma d’ istinto son portato a sperarlo, per il bene loro, ma credo anche di noi tutti. Resta commovente il Columbus Day. Ormai gli italo- americani qui sono americani. Dimenticate la Little- Italy, la valigia di cartone, leggende, canzoni, folklore. Tanto folklore lo vedi in una giornata come questa; ma lo devi leggere come rievocazione storica, non come vita quotidiana. Come dire, resta il senso di appartenenza, e la memoria. Ma se c’ è da mangiare spaghetti o hot- dog, magari si opta per il secondo. Del resto la maggior parte degli iscritti alle associazioni di campani incontrate, sono di età avanzata. Qualche lacrimuccia scappa ancora, ma i giovani sono altrove. Rimane la grande epopea della storia dell’emigrazione italiana negli Stati Uniti. Ma è, appunto, storia. La realtà è un’ altra.
Poi c’è il Canada. Prego leggere quanto sopra, capovolgere i contenuti, e la descrizione è già fatta. Non mi riferisco agli emigrati, per i quali i discorsi sono analoghi. Ma alla società in sé. Per avere un’ idea, chi le abbia visitate provi ad immaginare le principali città del Nord Europa: ottimo welfare, pulizia urbana e sociale, economia stabile. Questo è il Canada. Ma proprio per questo è difficile entrare a farne parte, in pratica emigrarvi. Bisogna avere un contratto di lavoro già in mano, disponibilità economica, e cose del genere. Di fatto il Paese ospita “ Gens sana in corpore sano”, e diffidano di chi possa in qualche modo turbare equilibri più che soddisfacenti. Un episodio mi ha colpito. Eravamo al Columbus Center a Toronto, per la mostra di cui parlavo. Verso le 19,00 (noi stavamo per andare altrove) il direttore del centro Pal Di Iulio mi dice che sta attendendo il Primo Ministro per cena, e se avessi aspettato me lo avrebbe presentato. Così, come un ospite di riguardo, o poco più. In Italia ci sarebbero state sette auto blu, dieci guardie del corpo, otto veline, e poi richiesta di tremila referenze per chi doveva incontrarlo (problema che poi magari risolveva Lele Mora!). Con la differenza che a Toronto lo scenario esterno è una società sana, in piena crescita. Da noi,… beh, fate voi.
Chiudo elogiando l’ efficienza delle associazioni di italiani, come Comites e altri, bravi, disponibili, sorridenti. Anche loro italiani dentro, ma ormai canadesi di fatto.